Si tratta della proteina ‘SMYD3’, che se bloccata la sua attività farmacologica, impedisce alle cellule tumorali del colon retto di sviluppare una resistenza ai chemioterapici e aumenta la loro efficacia. Un risultato che viene dallo studio svolto all’Irccs “Saverio de Bellis” di Castellana Grotte nell’ambito di un progetto di ricerca specializzato in gastroenterologia. Cinque anni dedicati a tale studio, guidato dal prof. Cristiano Simone, genetista dell’Università di Bari, e sostenuto dalla Fondazione Airc per la ricerca sul cancro. I risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale “Journal of Experimental & Clinical Cancer Research” a maggio 2024.
La chemioterapia danneggia il DNA anche se in molti casi è necessaria per la cura del tumore di un paziente poiché danneggia anche le cellule tumorali oltre quelle sane e questo, pare, non essere un mistero. Il tumore, però, secondo i ricercatori “può sviluppare una resistenza ai chemioterapici (proprio come avviene per i batteri verso gli antibiotici), e questo causa la maggior parte delle recidive. Questo accade perché le nostre cellule possiedono un sistema di “riparazione” del Dna che consente loro di rimanere in salute, ma che purtroppo viene sfruttato anche dalle cellule tumorali per difendersi dall’azione della chemioterapia”. Ed è proprio la proteina “SMYD3 definita ‘operaia’, coinvolta proprio nella riparazione del Dna nelle cellule cancerose”, spiega il prof. Cristiano Simone. “Recentemente abbiamo dimostrato che l’impiego di un nuovo inibitore di SMYD3 aumenta l’efficacia dei chemioterapici e che, nei tessuti di pazienti con neoplasie gastrointestinali, SMYD3 è fortemente espresso. Il nostro studio, continua Simone, identifica SMYD3 come bersaglio terapeutico nei tumori in cui è espressa in eccesso, permettendo di eliminare in maniera mirata le cellule cancerose e risparmiando quelle sane. Questo approccio terapeutico rappresenterebbe un’arma vincente non solo per evitare la resistenza ai chemioterapici, ma anche per ridurne le dosi, limitando sia gli effetti collaterali sia i costi”.
“Questo è il risultato vincente di uno studio multidisciplinare”, ha dichiarato il direttore scientifico dell’istituto, prof. Gianluigi Giannelli, che ha sottolineato come “ricercatori, chirurghi, oncologi, anatomo patologi abbiano lavorato in squadra proprio come avviene in tutti i grandi centri di ricerca internazionali”. Ma c’è anche dell’altro: l’inibitore di SMYD3 è già stato validato scientificamente presso l’Irccs “de Bellis” e brevettato in Italia ed in fase di approvazione a livello internazionale. “Il trasferimento tecnologico, fortemente perseguito dalla direzione scientifica, rappresenta- sottolineano dall’istituto – un punto di forza della ricerca dell’istituto pugliese, offrendo anche opportunità allo sviluppo dell’imprenditorialità territoriale”.
fonte – By Baritoday